Gianpaolo Trevisi, non nuovo alla scrittura di piccoli grandi racconti contenenti frammenti di vita, affronta la tematica della violenza di genere, narrando esperienze tragiche e a volte fatali, esistenze interrotte o sfregiate e lo ha fatto con la voce e gli occhi delle donne.
L’Autore stesso così si esprime: «Ho chiesto in prestito quanto più possibile alla mia fantasia per, poi, mischiarla alla realtà di queste tredici storie di donne, alcune delle quali sentite direttamente dietro la scrivania del mio ufficio della Questura.
L’ho fatto perché da uomo, e spesso di fronte al quotidiano, mi vergogno anche di esserlo, volevo quasi chiedere perdono, raccontando una delle tragedie più grandi della nostra storia, fatta di talmente tanti e frequenti episodi da essere, ormai, inascoltati e non considerati.
Non bisogna mai smettere, invece, a riguardo, di parlare, gridare, ascoltare e, perché no, scrivere e leggere, sperando che le cose possano davvero cambiare, prima che tutte le donne decidano, tutte insieme, per porre fine a queste morti e a queste ferite, di non sorridere più e allora sì che finirebbe davvero il mondo».
«I racconti di Gianpaolo Trevisi sono capaci della leggerezza della poesia ma anche della pesantezza della pietra perché, utilizzando le parole di una delle protagoniste, il nero, spesso, lo si riesce anche a vincere non solo parlando di nero, ma tuffandosi in mille colori diversi» (dalla Prefazione di Elvira Vitulli).
L’Autore stesso così si esprime: «Ho chiesto in prestito quanto più possibile alla mia fantasia per, poi, mischiarla alla realtà di queste tredici storie di donne, alcune delle quali sentite direttamente dietro la scrivania del mio ufficio della Questura.
L’ho fatto perché da uomo, e spesso di fronte al quotidiano, mi vergogno anche di esserlo, volevo quasi chiedere perdono, raccontando una delle tragedie più grandi della nostra storia, fatta di talmente tanti e frequenti episodi da essere, ormai, inascoltati e non considerati.
Non bisogna mai smettere, invece, a riguardo, di parlare, gridare, ascoltare e, perché no, scrivere e leggere, sperando che le cose possano davvero cambiare, prima che tutte le donne decidano, tutte insieme, per porre fine a queste morti e a queste ferite, di non sorridere più e allora sì che finirebbe davvero il mondo».
«I racconti di Gianpaolo Trevisi sono capaci della leggerezza della poesia ma anche della pesantezza della pietra perché, utilizzando le parole di una delle protagoniste, il nero, spesso, lo si riesce anche a vincere non solo parlando di nero, ma tuffandosi in mille colori diversi» (dalla Prefazione di Elvira Vitulli).