La struttura basilare del racconto deriva dalla classica avventura del filone cavalleresco: un paladino errante deve affrontare innumerevoli peripezie per salvare una dama rapita da uno stregone malvagio con lo scopo di usarla per i propri indicibili fini. Lo svolgersi della vicenda, però, si discosta dai canoni della letteratura ‘Cortese’ e del Ciclo Bretone sia per il carattere e le motivazioni dei personaggi sia per l’ambientazione. L’eroe, infatti, pur essendo un guerriero impavido ed esperto nell’uso delle armi non si attiene ai dettami del codice della ‘Cavalleria’, ma adatta la propria condotta alle circostanze. La sua etica, poi, professata indefettibile a parole, nella realtà lo porta a non lasciarsi scappare nessuna occasione di fare sesso, sia gratuito sia a pagamento. La donzella da parte sua non è una creatura insipida e imbelle il cui unico compito è quello di sospirare in attesa di un liberatore bensì una donna volitiva che ha scelto di abbandonare il marito perché costui la trascura. Il mago, infine, malgrado sia il coprotagonista che più si conforma alla figura dell’archetipo dell’incantatore è mosso da intenzioni che nulla hanno a che vedere con le brame di potere o di vita eterna, ma sono semmai riconducibili a molto più terrene voglie carnali. Teatro della vicenda non sono lande incantate né la favolosa ‘Foresta di Brocelandia’ ma la più semplice ‘Selva Oscura’ e la campagna italiana in genere con tutto il suo carico di rusticità che si riflette nei nomi dei luoghi e dei personaggi. Entrambe le categorie, comunque, sono riconducibili a soggetti e località reali. Il linguaggio utilizzato nei dialoghi del racconto è un miscuglio tra dialetto, latino maccheronico e la lingua volgare del medioevo ricalcando, con molta umiltà, l’idioma recitato da Gassman e i suoi compari ne ‘L’armata Brancaleone’, il capolavoro di Mario Monicelli.