Nell’epoca del digitale, cosa lega il potere dello sguardo, che domina lo spazio del carcere moderno, con il realissimo naufragio della forma architettonica? Dentro nuovi scenari urbani a volte spettacolari ma sovente algidi, prodotti sia dei raffinati software digitali che dell’hardware della finanza immobiliare, il felice matrimonio tra emozione e razionalità, tra il corpo e la mente, in sintesi il pensiero intuitivo viene sterilizzato. Nel nome della lotta al funzionalismo insieme, paradossalmente, alla sua stessa apologia, le diversità delle esperienze quotidiane degli uomini, dentro la città e gli edifici che la compongono, sono troppo spesso genericamente annichilite dal progetto d’architettura. Le peculiarità da riscoprire, perciò, non sono formali. Il progetto dello spazio architettonico, oggi, deve illuminare le elementari e semplici differenze tra le esperienze umane (curare, partire, abitare, produrre, organizzare, riunire, incontrare, ascoltare, guardare, acquistare, etc). L’architettura è l’arte di costruire uno spazio che si assume la cura, il rispetto e la responsabilità di queste differenze.