Il penultimo romanzo di Grazia Deledda ci porta nella quotidianità di Noemi Davila, una facoltosa vedova di mezza età che è proprietaria di uno stabile nel centro di Roma e che sembra avere rinunciato alla propria identità e sensualità in nome di un ordine casalingo che diventa maniacale e che nella sua testa è una forma di fedeltà postuma al marito scomparso. È proprio l'ombra dell'uomo a muoversi in ogni angolo della casa e viene allontanata soltanto dalle visite dell'avvocato Franco Franci, che nutre per lei una segreta passione. Ma quando la moglie dell'avvocato si suicida, emerge da un lato il desiderio di Franci di rendere concreto il progetto filantropico della consorte, la costruzione di un argine che ripari i campi dalle inondazioni, e dall'altro il senso di colpa dei protagonisti nei confronti dei rispettivi coniugi. È la storia di un tormento intimo che nessuna redenzione, neanche la realizzazione di un'opera di bene, può cancellare. Nella produzione dell'autrice sardo questo testo è stato spesso colpevolmente lasciato in secondo piano e merita invece di essere riscoperto per i temi trattati e per la maturità con i quali vengono presentati a un lettore che non potrà fare a meno di rimanerne coinvolto dalla prima all'ultima pagina. All'interno - come in tutti i volumi Fermento - gli "Indicatori" per consentire al lettore un agevole viaggio dentro il libro.
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