La tesi propone uno studio originale, da fonti assai difficilmente reperibili in Italia, sull'ordinamento del Commonwealth Australiano in tema di protezione dei diritti umani, con un focus particolare sui rapporti fra Commonwealth e Religioni, dalla costruzione del Multiculturalismo, avvenuta prima nelle strade, a partire dagli anni '50, grazie anche ad un intenso dialogo interconfessionale, e poi nel Parlamento, dal 1975, al suo progressivo e inesorabile smantellamento (anche se dietro una facciata edulcorata da offrire al resto del mondo), a partire dal 1995, con respingimenti di immigrati e rifugiati, restrizioni fortissime nella concessione dei visti, emendamenti ad hoc per costruire o trivellare le aree sacre aborigine, la maternità non pagata obbligatoria di 12 settimane, le esenzioni in termini di diritti umani sempre più generose a vantaggio degli istituti religiosi (che ricevono milioni di dollari ogni anno dai governi degli stati), l'interessante opposizione di alcuni vescovi e di altri capi religiosi a questi stessi atteggiamenti integralisti degli ultimi governi, il neoliberismo economico selvaggio e l'interventismo militare, il rifiuto dell'insegnamento della cultura religiosa di fronte al dilagare dell'islamofobia, dell'ignoranza religiosa e allo stesso tempo di nuovi fanatismi religiosi (nati proprio dalla miseria), lo svuotamento di significato delle istituzioni multiculturali in un sistema giuridico legislativo di dialogo molto debole fra i tre rami del governo ed il governo centrale e quelli locali, l'assenza totale di legislazione sui crimini di guerra, per cui hanno potuto vivere in Australia miriadi di criminali di guerra impuniti, dalla seconda guerra mondiale in poi.