Leon Battista Alberti, nato a Genova il 14 Febbraio del 1404, fu uno degli umanisti più poliedrici e interessanti del Rinascimento. Storicamente noto per la sua attività di architetto, nel corso della sua vita è stato anche linguista, crittografo, filologo, matematico, filosofo, musicologo e poeta, nonché segretario personale di tre Papi (Eugenio IV°, Niccolò V° e Pio II°), membro dell’Accademia Platonica Fiorentina e iniziato di primo piano del segretissimo Ordine Pitagorico. Questa sua versatilità intellettuale lo descrive come un personaggio pienamente inserito nella corrente del movimento umanista, il cui fervore intellettuale e scientifico ha dato notevoli e fondamentali contributi allo sviluppo della conoscenza e all’avvento dell’Età Moderna.
La sua produzione letteraria è piuttosto vasta e in essa spiccano per qualità le Rime, la cui composizione risulta frammentaria e senza una data precisa, dal momento che Alberti era refrattario a qualsiasi forma di canzoniere organizzato. Ricche di richiami alla Filosofia e alla classicità greco-romana, esse si presentano piuttosto legate all’interesse dell’autore per la linguistica, poiché si inseriscono a pieno titolo nell’ambito della polemica concernente l’impiego della nuova lingua volgare e il suo rapporto con l’antico idioma di Roma, il Latino.
Si tratta di una raccolta di 17 componimenti, di vario genere metrico e stilistico (costituita da sonetti, sestine, ballate, elegie, una canzone, un’ecloga, una frottola), in cui l’autore tentò di costruire una lingua che non coincidesse necessariamente con quella toscana, ma che spaziasse nell’ambito di un orizzonte italiano più vasto, soprattutto lombardo e veneto, e in cui egli riprese schemi e forme direttamente modellati sul Latino dando prova dei primi esperimenti della cosiddetta “metrica barbara”.
La sua produzione letteraria è piuttosto vasta e in essa spiccano per qualità le Rime, la cui composizione risulta frammentaria e senza una data precisa, dal momento che Alberti era refrattario a qualsiasi forma di canzoniere organizzato. Ricche di richiami alla Filosofia e alla classicità greco-romana, esse si presentano piuttosto legate all’interesse dell’autore per la linguistica, poiché si inseriscono a pieno titolo nell’ambito della polemica concernente l’impiego della nuova lingua volgare e il suo rapporto con l’antico idioma di Roma, il Latino.
Si tratta di una raccolta di 17 componimenti, di vario genere metrico e stilistico (costituita da sonetti, sestine, ballate, elegie, una canzone, un’ecloga, una frottola), in cui l’autore tentò di costruire una lingua che non coincidesse necessariamente con quella toscana, ma che spaziasse nell’ambito di un orizzonte italiano più vasto, soprattutto lombardo e veneto, e in cui egli riprese schemi e forme direttamente modellati sul Latino dando prova dei primi esperimenti della cosiddetta “metrica barbara”.