Molto si è detto e scritto, nei secoli, a proposito di Maria d'Avalos e della sua persona: era bellissima, naturalmente, era la donna più bella di Napoli, tanto che chiunque la incrociasse se ne innamorava perdutamente ed era disposto a fare follie per lei; era capace di grandi passioni, come tutte le donne belle e perdute che popolano l'immaginario… Al momento della morte aveva trenta anni, sei in più di Carlo Gesualdo, che era il suo terzo marito: era infatti già due volte vedova, aveva una figlia adolescente e c'è chi dice che, forse, aveva avuto un ruolo e più di una responsabilità nella morte dei suoi consorti. Era insomma, o per lo meno così ci viene tramandata, un'anima irrequieta, tormentata, egoista e folle: portava, dentro quella sua bellezza, la furia che portano le grandi donne perdute della letteratura… Vivere appieno, per lei, significò a un certo punto darsi a Fabrizio Carafa, duca d'Andria, uomo giovane e, naturalmente, bello con cui Maria condivise un amore… fatto soprattutto di passione, di corpi; danno vita a una storia breve e furibonda, fatta di incontri clandestini, e Napoli tutta comincia a chiacchierare… Infine, queste voci arrivano a lui, a Carlo Gesualdo che si fa giustizia… Che cosa ci sia di vero, in tutto questo, non lo so. Che Maria era bellissima, certo; che amò Fabrizio e fu riamata; che gli amanti furono uccisi con brutalità da Carlo Gesualdo e i suoi servitori. Ma tutto il resto è o può essere frutto di quattro secoli di dicerie, di romanzi, di canzoni, di voci che passano di bocca in bocca e di epoca in epoca. La storia di quello che accadde realmente durante quella terribile notte tra il 16 e il 17 ottobre 1590 si perde in un mare di racconti, versioni, ripensamenti, fantasie.E così arrivo a questo prezioso libro, progettato e raccolto da Rosetta Maglione. Fin dal titolo, mi pare, conferma quanto ho appena detto: dice infatti che le vite di Maria d'Avalos furono (almeno) tre - e ognuna di queste vale come le altre, anche se, come accade per esempio nella versione di France, le cose riportate sono spesso inesatte. Non importa. Ciò che conta, è che la vita di Maria d'Avalos, la sua tragedia, abbia valicato la Storia e sia diventata patrimonio comune, si sia fatta voce, canto. Quando le genti sentono il bisogno di inventare qualcosa su di te, di costruire romanzi sulla tua vicenda personale: ecco un segno di immortalità, di grandezza. Rosetta Maglione, negli apparati e nelle parti che aprono e chiudono il volume, riporta le versioni ufficiali, gli atti del veloce processo contro l'assassino, i dati storici: mette insomma un po' d'ordine nelle cose. Ma il cuore di questo libro è la sua parte sbagliata, opinabile: le versioni della vita, anzi delle vite, e della morte, anzi delle morti, di Maria e di Fabrizio che nei secoli ci hanno regalato i Corona, un grande creatore di apocrifi come France e infine Borzelli. Lì non troverete i fatti per come sono andati, o non del tutto. Troverete il racconto, e il mito: la prova insomma che la vita di Maria, così come quelle di Carlo e di Fabrizio, sono un patrimonio inestinguibile del nostro essere italiani. Dalla Presentazione di Andrea Tarabbia
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