«Ogni tanto rileggo le lettere che con Antonio Tabucchi ci siamo scambiati negli anni. Ci scrivevamo sempre di notte. Dicono che gli esuli fanno bene due cose, una è camminare lungo le rive di un fiume, di un mare, di un lago, di un canale; l’altra è non dormire la notte». Il mare, le spiagge, l’orizzonte di sabbia, le acque ricorrono nel libro come un connettivo della nostalgia.Un uomo, di professione traduttore, ha lasciato la Liguria, è andato lontano (in diversi lontani) e non è più tornato. Un esilio volontario, forse da sé stesso. I luoghi e le circostanze del passato e del presente si allacciano come in una treccia: i collegi, la valle ulivata dell’infanzia, le caserme e i reparti neuro dove colui che racconta ha vissuto «nei dieci anni di residenza nella notte»… Sono ritorni e ripartenze, dalle rive del mare di casa (percorso trecento volte e mai davvero conosciuto) alle dune del Mare del Nord, in Olanda, e nei luoghi anfibi dove la sera si radunano i gabbiani e i moscerini danzanti giapponesi.