Perseguitati ed esiliati dal cristianesimo, gli dèi di Atene e Roma sono scomparsi da secoli; la letteratura e le arti, tuttavia, sembrano averne conservato un’immagine di eterna giovinezza e splendore, fin quasi a rimuovere il trauma della loro caduta. Quasi, poiché nell’Ottocento alcuni autori – tra cui Prosper Mérimée, Henry James, Heinrich Heine, Vernon Lee, Walter Pater, Gerhart Hauptmann – hanno scritto racconti in cui gli dèi tornano col loro carico di sofferenza e di odio, non sospesi nell’atemporalità del mito, ma feriti e trasformati dalle ingiurie della storia.
Veneri spettrali, Apolli cadaverici, statue assassine e reincarnazioni sinistre vengono a inquietare il presente, a ricordare che, sebbene la storia sia stata scritta dai vincitori, i vinti hanno ancora qualcosa da dire. E se gli dèi sono sineddoche della civiltà classica scomparsa, immaginare il loro ritorno significa anche porre il problema dei rapporti che legano il nostro mondo all’antichità, a valori e forme di pensiero che troppo spesso vengono banalmente indicati come «i nostri», e che è forse più proficuo osservare con la lente dello straniamento e del perturbante.
Diego Pellizzari. Laureato in Lettere Classiche presso la Scuola Normale Superiore, ha ottenuto il Dottorato in Memoria Culturale e Tradizione Europea all’Università di Pisa. I suoi interessi di ricerca vertono principalmente sulla ricezione dell’antico e le letterature comparate. Ha pubblicato articoli sul teatro di Euripide e i suoi adattamenti cinematografici, sulla ricezione di motivi classici in Anatole France, Gozzano e Bernardin de Saint-Pierre. Attualmente coordina un gruppo di ricerca sulla mitologia classica in Europa tra diciannovesimo e ventesimo secolo presso l’Université Paris-Sorbonne.
Veneri spettrali, Apolli cadaverici, statue assassine e reincarnazioni sinistre vengono a inquietare il presente, a ricordare che, sebbene la storia sia stata scritta dai vincitori, i vinti hanno ancora qualcosa da dire. E se gli dèi sono sineddoche della civiltà classica scomparsa, immaginare il loro ritorno significa anche porre il problema dei rapporti che legano il nostro mondo all’antichità, a valori e forme di pensiero che troppo spesso vengono banalmente indicati come «i nostri», e che è forse più proficuo osservare con la lente dello straniamento e del perturbante.
Diego Pellizzari. Laureato in Lettere Classiche presso la Scuola Normale Superiore, ha ottenuto il Dottorato in Memoria Culturale e Tradizione Europea all’Università di Pisa. I suoi interessi di ricerca vertono principalmente sulla ricezione dell’antico e le letterature comparate. Ha pubblicato articoli sul teatro di Euripide e i suoi adattamenti cinematografici, sulla ricezione di motivi classici in Anatole France, Gozzano e Bernardin de Saint-Pierre. Attualmente coordina un gruppo di ricerca sulla mitologia classica in Europa tra diciannovesimo e ventesimo secolo presso l’Université Paris-Sorbonne.