Nella calura baluginante, eccolo lo zio Beppe, seduto su un sasso in uno spicchio d’ombra proiettato dalla casa bianca. Intorno, poco discosto dall’aia, iniziano i vigneti, che si protendono in tutte le direzioni come un mare di foglie che la brezza d’estate fa pigramente oscillare. È magro, occhi piccoli neri vividi infossati; pelle dello stesso colore della terra e rughe come i solchi dell’aratura; i capelli di chi ha vissuto a lungo. Lo zio Beppe racconta, è un affabulatore, ha una voce che si modula col procedere della storia, accelera, fa pause, rimane sospesa, affascina, incanta, coinvolge. E quando qualcuno lo incita: zio Beppe, racconta! Fa una risata franca delle sue, ed ecco: comincia un’altra storia.