Composto prima del 1116, il De eodem et diverso è dedicato aGuglielmo, vescovo di Siracusa (che tiene il seggio episcopale della cittàsiciliana dal 1108 appunto al 1116), cui Adelardo indirizza la praefatio.In essa, fin dall’inizio, egli motiva le cause che lo hanno spintoalla composizione dell’opera inserendole in una sorta di “querelle desanciens et modernes” fondata, canonicamente, sul confronto tra i dottidel passato e quelli del presente.Dopo aver brevemente fatto riferimento al tema (topico e incipitario)dell’invidia e alla scelta di scrivere un testo, anche di non elevatedimensioni (quale appunto è il De eodem et diverso), proprio alloscopo di evitare che i moderni siano colpiti dal contagio dell’invidiae possano essere accusati di ignoranza, secondo un modulo consueto(caratteristico anch’esso delle lettere di dedica dall’antichità fin quasi aigiorni nostri), lo scrittore inglese afferma di essersi risolto a comporreil testo temendo la stessa cosa (cioè di esser tacciato di ignoranza) eavendo paura di scrivere in risposta all’ingiusta accusa di un nipote,sopportando pazientemente la paura delle critiche e rispondendo, perquanto gli è possibile, all’ingiusta accusa.Il De eodem et diverso si configura come un dialogo fra lo stessoAdelardo e il prediletto nipote. Solo che qui, più ancora che nellesuccessive Questiones naturales e nel De avibus tractatus, il ruolodel nipote si riduce a ben poco, a una sorta di “ascoltatore” paziente esilenzioso di ciò che lo zio gli va via via riferendo ed esponendo. L’opera,infatti, è costruita alla stregua di un “monologo” nel quale Adelardo,allo scopo di discorrere dell’“identico” e del “diverso” (secondo labipartizione esposta nel Timeo di Platone – a lui noto tramite la versionedi Calcidio – e che egli definisce princeps philosophorum), narra diuna straordinaria avventura occorsagli l’anno precedente, introducendole figurazioni allegoriche di Filosofia e Filocosmia (rispettivamente,appunto, l’identico e il diverso).