Il libro affronta il significato problematico che il concetto di identità umana è venuto ad assumere ai giorni nostri. Scomparso l’aggettivo qualificativo umana, ridotto il suo senso all’unico significato di appartenenza (religiosa, etnica, nazionale), l’identità non è più percepita come condizione comune bensì come portatrice di scontro violento, sinonimo di opposizione al rapporto e al dialogo. Un esito che sconta i limiti di una concezione paradigmatica elaborata sin dall’antichità, per la quale l’umanità sarebbe fondata su ragione e religione, per sempre “identica” a se stessa, eterna e immutabile. Un paradigma che non consente di comprendere la trasformazione degli esseri umani nel tempo, né di render conto della contraddizione esistente tra l’uguaglianza di tutti e la diversità che al contempo ci caratterizza (a partire da quella sessuale sino alle differenze somatiche e culturali tra le diverse comunità che popolano il pianeta), e non riesce quindi ad opporsi ai continui rigurgiti di razzismo e xenofobia che emergono quando il diverso da noi si fa più vicino.Il volume ripercorre, con un metodo lontano dai luoghi comuni, le tappe antichissime che hanno condotto a quella concezione nella filosofia greca, mostrando che essa può essere invece rivista e affrontata di nuovo, su basi nuove. Indirizzato a un pubblico ampio, steso in un linguaggio da alta divulgazione, il libro intende offrire il proprio contributo all’analisi di ciò che è necessario per un progetto non più eludibile nell’era globale: la possibilità per gli esseri umani di vivere insieme nel loro mondo comune, senza la violenza per l’altro-diverso.