Cosa ci facevano Johann Joachim Winckelmann, una delle persone più colte ed eleganti del suo tempo, fondatore dell'Archeologia moderna e della teoria del "bello ideale", e Francesco Arcangeli, un misero cuoco pistoiese disoccupato, tracagnotto, butterato dal vaiolo e già condannato per furto, in quella camera d'albergo a Trieste il giorno 8 giugno dell'anno 1768? A questa domanda il bargello Giovanni Zanardi, che sta indagando sulla morte del Winckelmann, cerca una risposta. Man mano, però, che le indagini procedono, a questa domanda se ne aggiungono altre assai più avvincenti che fanno emergere intrighi internazionali che si intrecciano in modo inaspettato con la loro vicenda personale e che coinvolgono la curia di Roma, la corte imperiale di Vienna e i Gesuiti impegnati a lottare per la loro sopravvivenza. Il destino è capace di paradossi imprevedibili: come far convergere storie che non avrebbero mai dovuto incontrarsi e servirsi del falso per far emergere il vero.
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