Teofilo Barla nacque ad Asti il 29 marzo 1796 nel popolare e popoloso quartiere di San Rocco e rimase orfano all’età di due anni. Fu allevato amorevolmente dalla madre fino a quando, nel 1810, la vedova conobbe un ufficiale del genio militare, Filiberto Bodritti, inviato da Torino.
Il militare si adoperò affinché il giovane trovasse impiego presso la Corte Reale e in effetti nel corso dello stesso anno venne accolto in qualità di guattero presso le cucine di Casa Savoia: da notare che a quei tempi il termine guattero (o sguattero) non aveva l’odierno significato spregiativo, ma stava ad indicare uno dei numerosi e invidiati Aiutanti che collaboravano con il Capo di Cucina della Casa Reale.
Barla ricoprì questo incarico per 37 anni, regnanti Vittorio Emanuele I, Carlo Felice e Carlo Alberto fintanto che quest’ultimo, nel 1848, grazie alla preparazione di una confettura che gli piacque in modo particolare, conferì al guattero l’incarico di Maître Pâtissier et Confiseur e lo pose alle dirette dipendenze del Capo di Cucina Giovanni Vialardi che fu promosso in quell’occasione Capo Cuoco e Pasticcere grazie alla ricetta ideata dal suo collaboratore.
Nel febbraio del 1851, a causa di un malaugurato incidente occorso durante un banchetto al castello di Garessio, seguito a una battuta di caccia condotta da Vittorio Emanuele II – una polenta alla Valdostana tracimata - fu declassato seduta stante a guattero.
Questo fu per lui un brutto colpo, in seguito cercò di superare la cocente esperienza e sperando di ritornare nelle grazie reali, decise di pubblicare un trattato di cucina:
Teofilo Barla, Il confetturiere, l’alchimista, il cuciniere piemontese di Real Casa Savoia – a cura di Giancarlo Roversi (e Bruno Armanno Armanni), Arnaldo Forni Editore 2011
Il militare si adoperò affinché il giovane trovasse impiego presso la Corte Reale e in effetti nel corso dello stesso anno venne accolto in qualità di guattero presso le cucine di Casa Savoia: da notare che a quei tempi il termine guattero (o sguattero) non aveva l’odierno significato spregiativo, ma stava ad indicare uno dei numerosi e invidiati Aiutanti che collaboravano con il Capo di Cucina della Casa Reale.
Barla ricoprì questo incarico per 37 anni, regnanti Vittorio Emanuele I, Carlo Felice e Carlo Alberto fintanto che quest’ultimo, nel 1848, grazie alla preparazione di una confettura che gli piacque in modo particolare, conferì al guattero l’incarico di Maître Pâtissier et Confiseur e lo pose alle dirette dipendenze del Capo di Cucina Giovanni Vialardi che fu promosso in quell’occasione Capo Cuoco e Pasticcere grazie alla ricetta ideata dal suo collaboratore.
Nel febbraio del 1851, a causa di un malaugurato incidente occorso durante un banchetto al castello di Garessio, seguito a una battuta di caccia condotta da Vittorio Emanuele II – una polenta alla Valdostana tracimata - fu declassato seduta stante a guattero.
Questo fu per lui un brutto colpo, in seguito cercò di superare la cocente esperienza e sperando di ritornare nelle grazie reali, decise di pubblicare un trattato di cucina:
Teofilo Barla, Il confetturiere, l’alchimista, il cuciniere piemontese di Real Casa Savoia – a cura di Giancarlo Roversi (e Bruno Armanno Armanni), Arnaldo Forni Editore 2011