L’apprendimento integrato di lingua e contenuto, in inglese CLIL (Content and Language Integrated Learning), in altre parole l’utilizzo di una lingua straniera per veicolare contenuti, è diventato una tecnica ampiamente usata in tutti i settori educativi in Europa. La prima parte di questa monografia, il capitolo uno, si occupa di definizioni, giustificazioni teoretiche e fattori correlati ai casi in cui il CLIL si è rivelato una pratica efficace, ma si occupa anche dei risultati negativi. Un’intera sezione dedicata alla lingua veicolare nei contesti universitari precede una discussione sulle teorie dell’input, dell’interazione e dell’output, mettendo in evidenza il ruolo chiave dell’input linguistico, ossia la lingua target (inglese) alla quale sono esposti gli studenti. Sono infine descritte le poche ricerche che si sono occupate dell’input dei docenti universitari in ambito CLIL per poi contestualizzare lo scenario italiano come parte di un movimento pan-europeo.
Lo studio inedito che forma la seconda parte del libro, si propone di descrivere e di offrire esempi reali, presi da un corpus autentico di circa venti ore di trascrizioni, di strategie di presentazione dell’input linguistico usate da sei diversi docenti di materie scientifiche cui è stato chiesto di insegnare in inglese attraverso un approccio che può essere definito come CLIL. L’analisi fa riferimento agli studi che hanno diviso in categorie quelle strategie linguistiche che permettono agli insegnanti di facilitare la comprensione in contesti di lingua veicolare. Queste sono: l’uso di esempi, l’uso di sinossi, l’uso di definizioni, l’uso dei sinonimi, le domande e l’enfasi attraverso l’intonazione. Tali categorie sono state ampliate con altre derivanti da studi precedenti. Accanto a un’analisi qualitativa si è scelto di procedere con una quantitativa delle frequenze di occorrenze di queste strategie in modo da potere stabilire se vi fosse un certo grado di variabilità tra i docenti osservati. La triangolazione dei dati è stata completata attraverso delle interviste ai docenti osservati allo scopo di avere una maggiore comprensione dei punti di vista e delle convinzioni dei professori universitari in merito a queste strategie.
La scelta dell’Italia per questa ricerca è dovuta all’incremento di programmi di tipo CLIL negli ultimi dieci anni. Scuole primarie statali bilingui sono state create come progetto pilota in Lombardia (http://www.britishcouncil. org/it/italy-bilingual-education.htm) e recenti riforme e documenti relativi alla scuola secondaria (Legge Moratti, 53/2003; DL 17.10.2010 n. 226) hanno reso obbligatorio l’insegnamento di una materia in inglese durante l’ultimo anno del Liceo, Istituto Tecnico non professionale, e anche a partire dal terzo anno del Liceo Linguistico. Inoltre, una sezione specifica sull’internazionalizzazione è contenuta nella nuova legge italiana per le università (Legge Gelmini, 240/2010).
Per concludere, questa monografia potrà essere di interesse primariamente per tre diversi tipi di pubblico. In primo luogo, gli insegnanti universitari orientati verso la ricerca sulla lingua veicolare. In secondo luogo, la comunità crescente di sostenitori dell’uso della lingua veicolare sempre pronti a documentarsi su un argomento esplorato in maniera inadeguata. Infine, grazie alla sua natura descrittiva e pratica, questo libro fornirà un’utile guida agli insegnanti non anglofoni di discipline non linguistiche oltre che agli insegnanti di lingue, sia universitari sia di altri contesti educativi, che sono chiamati a usare l’approccio CLIL, nonché ai responsabili della loro formazione.
Lo studio inedito che forma la seconda parte del libro, si propone di descrivere e di offrire esempi reali, presi da un corpus autentico di circa venti ore di trascrizioni, di strategie di presentazione dell’input linguistico usate da sei diversi docenti di materie scientifiche cui è stato chiesto di insegnare in inglese attraverso un approccio che può essere definito come CLIL. L’analisi fa riferimento agli studi che hanno diviso in categorie quelle strategie linguistiche che permettono agli insegnanti di facilitare la comprensione in contesti di lingua veicolare. Queste sono: l’uso di esempi, l’uso di sinossi, l’uso di definizioni, l’uso dei sinonimi, le domande e l’enfasi attraverso l’intonazione. Tali categorie sono state ampliate con altre derivanti da studi precedenti. Accanto a un’analisi qualitativa si è scelto di procedere con una quantitativa delle frequenze di occorrenze di queste strategie in modo da potere stabilire se vi fosse un certo grado di variabilità tra i docenti osservati. La triangolazione dei dati è stata completata attraverso delle interviste ai docenti osservati allo scopo di avere una maggiore comprensione dei punti di vista e delle convinzioni dei professori universitari in merito a queste strategie.
La scelta dell’Italia per questa ricerca è dovuta all’incremento di programmi di tipo CLIL negli ultimi dieci anni. Scuole primarie statali bilingui sono state create come progetto pilota in Lombardia (http://www.britishcouncil. org/it/italy-bilingual-education.htm) e recenti riforme e documenti relativi alla scuola secondaria (Legge Moratti, 53/2003; DL 17.10.2010 n. 226) hanno reso obbligatorio l’insegnamento di una materia in inglese durante l’ultimo anno del Liceo, Istituto Tecnico non professionale, e anche a partire dal terzo anno del Liceo Linguistico. Inoltre, una sezione specifica sull’internazionalizzazione è contenuta nella nuova legge italiana per le università (Legge Gelmini, 240/2010).
Per concludere, questa monografia potrà essere di interesse primariamente per tre diversi tipi di pubblico. In primo luogo, gli insegnanti universitari orientati verso la ricerca sulla lingua veicolare. In secondo luogo, la comunità crescente di sostenitori dell’uso della lingua veicolare sempre pronti a documentarsi su un argomento esplorato in maniera inadeguata. Infine, grazie alla sua natura descrittiva e pratica, questo libro fornirà un’utile guida agli insegnanti non anglofoni di discipline non linguistiche oltre che agli insegnanti di lingue, sia universitari sia di altri contesti educativi, che sono chiamati a usare l’approccio CLIL, nonché ai responsabili della loro formazione.