Sono storie di un personaggio nullafacente e impegnato, istrionico e ingenuo, vendicativo e comprensivo, disturbato e credulone, livoroso e depresso, gaudente e insoddisfatto, buontempone e frustrato, raccontate per edificazione e divertimento o riflessione a chi ha tempo e voglia di allontanarsi dalle noie di questo mondo. Le Storie di Pompilio Sùlbus si svolgono in una cittadina di provincia, una né troppo piccola, né troppo grande, né importante, né anonima nella quale siano avvertite, rispettate e commentate le originalità dei singoli e dove sia pratica l’urbanità e il riguardo alla persona, proposizioni necessarie per acquisire la necessaria immunità dai virus della collera e della supponenza. In questo habitat azioni e pensieri, imprese e negligenze, comprese quelle che non fanno storia, ma nutrono la cronaca spicciola e familiare, non restano mai celate nell’indifferenza e nella sordità sociale e culturale che di norma è generata da una indistinta attività di una moltitudine di abitanti impegnata in eguale misura in iniziative e pigrizie, divieti e impulsi, costumi e mode che sembrano esser divenuti la caratteristica saliente delle nostre impersonali città.