Il lavoro di Solzenìcyn sui lager sovietici è immenso, migliaia e migliaia di pagine che possono spaventare proprio per la loro mole. Già solo Arcipelago Gulag è uscito in tre volumi corposi negli Oscar Mondadori negli anni Settanta, e poi ripubblicato nella collana dei Meridiani, di cui occupa un intero volume. Nel complesso si deve tenere conto della differenza in generale tra la mole media dei libri russi e di quelli italiani. Per un italiano è normale un romanzo di 250 pagine, che per un russo invece sarebbe una póvest', un "romanzo breve", mentre un romàn può contare facilmente settecento o mille pagine. Un'altra considerazione che ho fatto nel progettare questa edizione è che, nel mezzo secolo intercorso tra la prima pubblicazione e oggi, il tempo medio dedicato alla libera lettura per iniziativa personale è diminuito. L'informatica e la telematica ci aiutano ad abbreviare i tempi di esposizione - siamo esposti a più fonti contemporaneamente - e per esempio la lunghezza dell'articolo di giornale - per chi ancora li legge - è impostata dai direttori dei periodici sulla durata media di una seduta in bagno. Quando ho letto l'opera di Solzenìcyn, ho provato una specie di "sofferenza sociale" per il fatto che fosse trascurata dalla maggior parte dei lettori, anche colti, considerando quanto sia secondo me importante per l'umanità intera, in quanto i temi e i motivi affrontati sono di straziante attualità. Allora mi è venuta l'idea della pubblicazione a piccoli volumetti, uno per capitolo. Per facilitare l'approccio da parte di lettori che non sono disposti ad affrontare letture chilometriche che richiederebbero ingenti investimenti di tempo, si propone qui un singolo saggio di dimensioni abbordabili su un tema specifico: in questo caso, come avvenivano le cosiddette "istruttorie" per avere un minimo di scartoffie che giustificassero la deportazione in gulag. Si tratta di esperienze dirette dell'autore (che è stato in lager dal 1945 al 1954) o di testimonianze raccolte in anni e anni di studio e di ricerca attraverso numerosi volumi. La traduzione - realizzata ex novo apposta per questa edizione da un'allieva del corso di laurea magistrale di traduzione della Civica Scuola per Traduttori «Altiero Spinelli» di Milano - ha lo scopo di essere più precisa possibile, ed è corredata di note esplicative per tutte le parole di gergo dei gulag, le quali non vengono tradotte ma traslitterate, e in generale per tutte le parole di difficile comprensione. Una spiegazione particolare merita la parola «lager». Dato che a un italiano suona come tedesca, molte traduzioni precedenti non l'hanno usata. Tuttavia va ricordato che i lager russi esistono da ben prima di quelli nazionalsocialisti, e che questi ultimi si sono ispirati ai russi per creare i loro. Mentre in tedesco la parola Lager suona come da noi la parola «campo» e fuori contesto non ha connotazioni extraagricole, in russo la parola lager' vuole dire subito questo, «campo di prigionia per lavori forzati», come succede anche in italiano. Per non parlare del fatto che una delle due parole del titolo Arcipelago Gulag è formata dalle prime tre lettere «lag», con il prefisso GU, acronimo di «direzione statale». La mia speranza è che il libro possa interessare a un numero crescente di lettrici e lettori, e che possa indurle pian pianino ad affrontare anche gli altri scritti del grande pensatore e autore russo.
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