Scritto quando la Romania era ancora extracomunitaria, questo racconto ci svela l’inganno del “sogno italiano”, visto attraverso gli occhi di una giovane donna, moglie e madre, in tutta la sua squallida realtà e nella sua quotidiana durezza.
Il grigiore e il piattume di una operosa periferia veneta fanno da sfondo alla vicenda umana di Alina, che in una sorta di diario intimo con schietta e disarmante semplicità ci descrive la progressiva e ineluttabile disintegrazione dei suoi sogni, delle sue speranze, delle sue illusioni, e ci racconta cosa vuol dire non essere libera, e dibattersi contro un destino non scelto.