Milano 1684. La dominazione spagnola è ormai allo stremo, la città vive gli ultimi anni del secolo in uno stato di torpore che affligge le arti e i mestieri, deprime le attività mercantili, favorisce la delinquenza e l’immiserirsi del popolo. Da anni non si costruisce più niente che porti fama e lavoro alla città. Anche il Duomo, emblema della capacità dei milanesi di coinvolgersi tutti, come popolo, nella costruzione di una casa comune a gloria di Dio e della Vergine Maria, aspetta ancora una facciata, dopo tre secoli dalla posa della prima pietra. A maggio, per volontà dell’arcivescovo Federico Visconti, è indetto un concorso per il completamento della cattedrale. Tre illustri architetti, Aristide Antonazzi, Lorenzo De Montis e Gianmaria Riccobono, il più giovane, si contendono la vittoria. Hanno poco tempo per presentare i progetti al sovrintendente della Veneranda Fabbrica del Duomo, Carlo Magnaghi, che li valuterà con Jean de Beaune, architetto belga, esperto in calcoli strutturali. Il vincitore, oltre alla fama eterna, guadagnerà mille ducati. I tre si mettono al lavoro e, ben presto, tra rivalità, invidie e sospetti, si trovano a fare i conti, oltre che con le proprie personali miserie e i propri vizi, anche con un insospettabile comune nemico che metterà in pericolo l’impresa e la loro stessa vita.