"Perdere" tempo per ritrovare autenticità "Chi di noi non ha sognato, in quest'epoca di ambizioni, una prosa poetica, musicale ma senza rima e senza ritmo costante, abbastanza flessibile e spezzata da adattarsi ai movimenti lirici dell'anima, alle oscillazioni del fantasticare, ai soprassalti della coscienza … ispirato, come ideale ossessivo, soprattutto dalla frequentazione delle città enormi e dall'incrociarsi dei loro rapporti innumerevoli". Così si dichiara Baudelaire all'inizio del testo e appunto di Parigi parla nei cinquanta "Petits poèmes en prose", alcuni lunghi poche righe, altri alcune pagine. E di Parigi ne descrive 'la natura' o 'l'anima' attraverso le relazioni tra i suoi elementi umani e architettonici. Bellissime, in quest'opera, sono le descrizioni che Baudelaire fa degli occhi dei bambini vestiti di stracci e delle fiere mani dei padri che li accompagnano. È un elogio della vita, non solo quando consiglia all'uomo di fuggire il tempo e di abbandonarsi a un'esistenza fatta non solo di doveri ma anche di gioie; è un elogio della vita che egli fa, confrontando il lustro delle caffetterie parigine, contro le quali tanto portentosamente contrastano le umili vesti e i busti ingobbiti di chi elemosina agli angoli delle strade. Lo scrittore suggerisce di guardare con gli occhi di questi poveri, per poter meglio ammirare le luci delle candele che danzano suadenti dietro i vetri dei locali; suggerisce di vestirsi degli stracci dei poveri, per poter meglio apprezzare la tazza di cioccolata calda e la morbidezza di uno scialle. Lo Spleen di Parigi è un libro che parla costantemente di relazioni dinamiche, dell'intrecciarsi di 'rapporti innumerevoli', piccoli racconti di episodi visti per strada, come osservati, tenuti a mente e annotati poco dopo, forse la sera stessa, seguiti da valutazioni di vario genere. Talvolta si trova un tono come da parabola sacra. L'ironia più dissacrante arriva inaspettata, l'orgoglio prevale sulla pietà artefatta che si vuole scongiurare con tutta la forza possibile. Baudelaire invita ad ammirare l'onestà e lo stupore perpetuo che giace negli occhi di chi non ha mezzi, quando ammira con rispetto più che con invidia il benessere altrui. E suggerisce a coloro che vivono negli agi di apprezzarne il valore invece di far capricci che portano alla perdizione dell'anima. Il potere e i fasti sono snobbati, domina un'idea differente di nobiltà, quella del flaneur, assoluta, libera. Lo spleen di Parigi è sicuramente uno di quei testi che si dovrebbero leggere in un viaggio adolescenziale, e che sarebbe bello perdere e ritrovare da adulti.
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