La voce ed il canto hanno sempre suscitato un grande interesse, ma spesso la voce stessa non viene considerata come uno strumento vero e proprio, ma quasi un emulatore di strumenti. Questa tesi ha l'obiettivo di confermare che la voce è uno strumento a tutti gli effetti, attraverso la ricerca delle origini del canto e delle influenze che esso ha avuto sull'evoluzione del jazz, in particolare. Lo strumento voce racchiude in sé una grande potenza, in quanto non solo è possibile unire una linea melodica al testo, ma attraverso la fisicità del cantante, le dinamiche, il timbro, i soffiati ed altri "effetti speciali" è possibile esprimere ciò che non è visibile agli occhi: le emozioni. Nel corso di questi capitoli, vedremo insieme come funziona fisiologicamente lo strumento voce, per capire la respirazione, la fonazione ed i registri vocali, argomenti che hanno affascinato ed avviato le sperimentazioni nel primo Novecento. La voce è uno strumento affascinante e complesso, in quanto il nostro corpo è parte integrante di esso: il suono nasce dalla vibrazione delle corde vocali, attraverso l'intervento dei muscoli volontari ed involontari del nostro corpo, per poi risuonare nel tratto vocale e nelle cavità del volto. Non solo un viaggio nello strumento, ma anche nel tempo e nello spazio, attraverso gli studi di etnomusicologia, partendo dalle origini della musica, in cui la voce ebbe un ruolo fondamentale poiché fu il primo strumento utilizzato dall'uomo. È, infatti, diffusa la convinzione che la musica abbia avuto un'origine comune con il linguaggio-suono e che i primi nuclei di linguaggio-suono presentino un'ampia varietà di moduli sonori, dai gridi ai suoni intonati. Ma la domanda principale a cui spero di dare risposta è: quanto questo strumento ha influenzato l'evoluzione del Jazz? Quale è stato il rapporto dialettico tra al voce e gli strumenti nel jazz? Sarà proprio nell'ultima parte dell'elaborato che affronteremo il dualismo tra voce e parola, quanto questo rapporto possa essere potente e descrittivo, ma anche a volte vincolante. La voce può liberarsi dalla parola ed ugualmente raccontare una storia, esprimere sentimenti ed emozioni? Come sostiene Roland Barthes, la cui celebre raccolta di saggi L'ovvio e l'ottuso (1982) contiene una sezione intitolata Il corpo della musica, la voce funge da tramite tra corpo e parola. Lo specifico della voce starebbe nella sua grana, né soffio né respiro, ma "materialità del corpo che sgorga dalla gola". Per Barthes la corporeità del parlare si situa "all'articolazione del corpo e del discorso"; il luogo di un interscambio. Il corpo nella musica non si dà come qualcosa di puro, bensì come qualcosa di intrecciato all'esperienza sociale. Ascoltiamo voci e corpi che non sono staccati dalla mente, dalla ragione, dal linguaggio. La musica, come uno dei tanti territori dell'estetica e dell'esperienza sociale, è il substrato per l'emersione di forme ed espressioni in cui la relazione del nostro essere-corpo con altri corpi viene usata come laboratorio. Nel Novecento tutto questo diventa un tema attorno al quale costruire percorsi di ricerca e innovazione, ma anche di coinvolgimento collettivo e di massa. "Il corpo non si oppone ai codici culturali ma contribuisce a fondarli", afferma Gianfranco Marrone in La cura Ludovico (2005).