Sul filo di una memoria asciutta e a tratti profondamente ironica, Roberto Weber risale il Novecento; lo fa avvalendosi dei tornanti angusti di una vicenda famigliare immersa in una composita (e scomparsa) comunità etnica e culturale, per cogliere i più ampi risvolti della storia cittadina. Il racconto torna a più riprese nel teatro di piazza Unità, nel luogo simbolo cioè in cui si consumano febbrilmente le passioni più brucianti, le finzioni collettive più riuscite, i momenti più drammatici della città e del suo popolo: lì fa ritorno la salma dell’Arciduca Francesco Ferdinando dopo l’uccisione a Sarajevo che scatena la Prima guerra mondiale; lì Benito Mussolini annuncia le leggi razziali; lì nel 1954 Trieste diventa italiana. Giornate epocali, in cui tutti scendono in piazza e la comunità viene attraversata dalla Storia. Un romanzo intimo dove una famiglia abita tutte le contraddizioni di una città-mondo e dove l’essere di confine coniuga la dimensione privata e pubblica.