Vincent Van Gogh, un artista narrato nell’arco di un tempo non specifico e senza riferimenti, questo perché un grande genio rimane imbalsamato in un istante eterno di un tempo limitato. Vincent Van Gogh, un uomo che ha usato tanti di quei sentimenti da finirne annegato e nessuno può dire che sia stata la scelta giusta o sbagliata, perché annegare nei sentimenti è sicuramente una forma di morte precoce e crudele, ma è discutibile quanto meglio sia percorrere una secca d’indifferenza. Ma l’uomo, corrispettivo dell’artista, non è unicamente un binomio di umanità e talento, è storia. Storia di un Van Gogh che, attraverso delle lettere riferite ai giovani, artisti e non (il tutto ispirato a una sua famosa citazione “Non dipingo per me, ma per la generazione che verrà”), ha voluto raccontare anche un’altra parte di sé e, chissà, magari un’altra amicizia che non fosse quella con Paul Gauguin. Artista senza tempo, uomo con appena il tempo di avere un’altra storia, oltre quella già raccontata nella sua biografia, magari di amicizia, magari d’arte, magari di formazione di un se stesso differente, meno ufficiale, più ufficiosa. E se Vincent Van Gogh non avesse raccontato di una persona a lui molto vicina, per proteggerla da qualsiasi pregiudizio?