Qual è oggi lo spazio riservato all’uscita didattica nelle scuole? Questa metodologia viene effettivamente valorizzata e integrata in un’ottica curricolare? Qual è il suo contributo effettivo all’educazione alla geografia, alla storia e al turismo? Questi interrogativi, legati al tema dell’uscita didattica, dovrebbero essere importanti per tutti coloro che si occupano di ricerca e di insegnamento-apprendimento non solo della geografia, ma anche, per esempio, della storia e per quanti si occupano di turismo, di patrimonio, di intercultura, di educazione ambientale e della divulgazione della conoscenza dell’ambiente naturale. Un efficace impiego di questo rituale pedagogico aiuta lo studente a comprendere il mondo in modo più attivo e coinvolgente, in un contesto meno formalizzato nel quale è possibile il confronto con varie discipline. Un modo questo per sviluppare le sue capacità non solo in campo scolastico ma, più in generale, in quello della conoscenza di sé, degli altri e del mondo. L’uscita didattica consente pure di approfondire una metodologia molto importante anche in termini comparativistici: confrontando le differenti prospettive di lettura del territorio prodotte dagli studenti si giunge a una presa di coscienza cognitiva (awareness) della complessità dei fenomeni osservati e della loro polisemia. Tratto dal capitolo introduttivo dei Curatori.