"Ella l'afferrò e l'alzo quanto più alto poté. La lama lampeggiò nell'ombra. Mirò al collo, e vibrò il colpo. Non un grido: solo un fiotto di sangue". Con queste parole, l'autrice, descrive il culmine della tragedia vissuta dalla protagonista. Ambientato nei primi anni del Novecento, narra la storia di due fanciulle, la quindicenne Mariute e la piccola Rosute. È il ritratto di una povera famiglia friulana, devastata dalla miseria economica e umana. La morte della madre, e Mariute e Rosute approdano dapprima in un convento di suore, poi nella baita dello zio Barbe Zef. A segnare il destino di Mariute è il ricovero della sorella, e lo zio Barbe inizia ad abusare di lei. La violenza è una piaga ancestrale contro la quale nulla si può fare, ma Mariute decide di ribellarsi quando lo zio la manda a servizio presso una famiglia agiata. Sceglie la ribellione contro questa piaga per anticipare la reiterazione dell'abuso. Per evitare a Rosute di vivere il suo stesso dramma dell'incesto, elimina l'uomo, il mostro, mozzandolo con l'ascia. MARIA ZEF illumina il personaggio di Mariute, descritto come una donnetta servile e abusata. Condanna la condizione disumana della donna.