Una tragedia modernissima
Fa davvero riflettere quel premio Viareggio vinto da Paola Drigo con Maria Zef nel 1937. Il contesto era il regime fascista che esaltava valori tipicamente maschili (famiglia, patria, chiesa), aggiungendo, piuttosto che sottrarre, stimoli ad una reiterata prassi del possesso e, in più, il libro condanna, senza mezzi termini, il machismo e la condizione subumana della donna.
Nel testo si racconta di due sorelle: la quindicenne Mariute (Marietta) e la piccola Rosute (Rosetta) che, dopo la morte della madre, vengono dapprima ospitate in un convento di suore, poi accolte nella baita dello zio, Barbe Zef. In questa “nuova” famiglia si consuma la violenza su Mariute, una violenza che viene avvertita dal lettore – e questo grazie anche al sapiente ‘dosaggio’ della Drigo - come una sorta di naturalezza del fenomeno sociale, come piaga ancestrale contro cui poco si può fare, perché una reazione metterebbe a repentaglio la condizione della donna (è lei che è sempre stata la vittima: forse è cambiato qualcosa da allora?).
Il romanzo della Drigo contiene degli elementi di modernità e consegna a tutti noi un ruolo femminile che avrà pochi eguali negli anni successivi. E soprattutto, illumina un personaggio, Mariute che rivela una determinazione finale che assume una valenza quasi rivoluzionaria.
Paola Drigo ha il merito di consegnarci la descrizione di un’Italia non certo lontana dall’attuale, non tanto per la dimensione tragica di miseria e disperazione nella quale la storia è ambientata: ci sono troppi elementi che appartengono ad un’ancestrale disamina dell’essere umano e ad un’idea di superiorità genetica.
L’autrice: (Castelfranco Veneto, 1876 – Padova, 1938), Paola Drigo fu una voce importante e originale della narrativa italiana ed è riconosciuta dalla critica come la scrittrice veneta più rilevante della prima metà del Novecento. Pubblicò novelle e elzeviri nei più prestigiosi giornali dell’epoca: La Lettura, Nuova Antologia, L’Illustrazione italiana, Corriere della Sera e altri, raccolti a costituire i tre volumi di racconti della sua bibliografia. Maria Zef e Fine d’anno sono considerati i suoi lavori più importanti, che continuano ad avere riconoscimenti importanti ed un notevole successo tra i numerosi lettori. Maria Zef ha avuto due trasposizioni cinematografiche.
Fa davvero riflettere quel premio Viareggio vinto da Paola Drigo con Maria Zef nel 1937. Il contesto era il regime fascista che esaltava valori tipicamente maschili (famiglia, patria, chiesa), aggiungendo, piuttosto che sottrarre, stimoli ad una reiterata prassi del possesso e, in più, il libro condanna, senza mezzi termini, il machismo e la condizione subumana della donna.
Nel testo si racconta di due sorelle: la quindicenne Mariute (Marietta) e la piccola Rosute (Rosetta) che, dopo la morte della madre, vengono dapprima ospitate in un convento di suore, poi accolte nella baita dello zio, Barbe Zef. In questa “nuova” famiglia si consuma la violenza su Mariute, una violenza che viene avvertita dal lettore – e questo grazie anche al sapiente ‘dosaggio’ della Drigo - come una sorta di naturalezza del fenomeno sociale, come piaga ancestrale contro cui poco si può fare, perché una reazione metterebbe a repentaglio la condizione della donna (è lei che è sempre stata la vittima: forse è cambiato qualcosa da allora?).
Il romanzo della Drigo contiene degli elementi di modernità e consegna a tutti noi un ruolo femminile che avrà pochi eguali negli anni successivi. E soprattutto, illumina un personaggio, Mariute che rivela una determinazione finale che assume una valenza quasi rivoluzionaria.
Paola Drigo ha il merito di consegnarci la descrizione di un’Italia non certo lontana dall’attuale, non tanto per la dimensione tragica di miseria e disperazione nella quale la storia è ambientata: ci sono troppi elementi che appartengono ad un’ancestrale disamina dell’essere umano e ad un’idea di superiorità genetica.
L’autrice: (Castelfranco Veneto, 1876 – Padova, 1938), Paola Drigo fu una voce importante e originale della narrativa italiana ed è riconosciuta dalla critica come la scrittrice veneta più rilevante della prima metà del Novecento. Pubblicò novelle e elzeviri nei più prestigiosi giornali dell’epoca: La Lettura, Nuova Antologia, L’Illustrazione italiana, Corriere della Sera e altri, raccolti a costituire i tre volumi di racconti della sua bibliografia. Maria Zef e Fine d’anno sono considerati i suoi lavori più importanti, che continuano ad avere riconoscimenti importanti ed un notevole successo tra i numerosi lettori. Maria Zef ha avuto due trasposizioni cinematografiche.