Il parallelismo con la Metamorfosi di Ovidio potrebbe sembrare azzardato ma non lo è. Il Caos caratteristico degli inizi primordiali con la nascita degli dei va letto come l’inizio di un cambiamento e i libri XI e XII, citati spesso, hanno una palese ridondanza con il cominciamento della problematica del mobbing, una vera e propria guerra che porterà alla Metamorfosi interna, spirituale ma soprattutto tangibile di chi teoricamente risulterà sconfitto. Tutti gli episodi hanno come origine dalle cinque forze motrici del mondo antico (ma soprattutto moderno): l’amore, l’ira, l’invidia, la paura e la sete di conoscenza. Quest’ultima, con molta probabilità, sarà l’evento scatenante della Metamorfosi, il dogma superato grazie al quale o per effetto del quale vi apprestate a leggere questo libro frutto di un continuo cambiamento metamorfico e paradossalmente figlio della stasi individualistica che caratterizza i nostri tempi dove la lascivia e l’assenza di valori ben precisi dominano incontrastati e vincenti e dove la Fenice che risorge in questi fogli vive adesso perennemente alla ricerca della vera essenza della vita.
Le vicende di mobbing, così come le metamorfosi, esprimono il carattere fluido e precario dell’identità, l’effimero equilibrio tra il giusto e l’ingiusto, l’incerto confine tra l’inconsistenza delle apparenze e la concretezza delle cose. Nel fluire ininterrotto dell’esistente, ogni trasformazione, ogni metamorfosi, è un dramma più doloroso della morte vera: per la sua ambiguità, perché non è né vita né morte.
La vita è mutamento, nessun essere animato è mai identico a se stesso, ma, come il sole di Orazio, è alius et idem , uguale e diverso nel medesimo tempo: ciò che gli dà il senso dell’identità e dell’unità è la coscienza, o l’anima. Dunque le Metamorfosi di Ovidio, come quelle di altri poeti e scrittori (quali Apuleio, Nicandro di Colofone, Kafka) hanno le loro radici nella natura stessa. È da lì che nasce il mito e poiché mito significa parola, possiamo dire che in principio era il Mito.
Una ricerca approfondita, appassionata ma anche caustica sul fenomeno del mobbing partendo dall'esilio di Ovidio a Tomi per giungere ai nostri giorni con particolare riferimento ai centri commerciali. Una tesi di Laurea Magistrale diventato un libro conservato nel cassetto per otto lunghi anni fino all'ambito traguardo, straordinariamente dipinto dalla fotografia di Giuseppe Marano in copertina.
Le vicende di mobbing, così come le metamorfosi, esprimono il carattere fluido e precario dell’identità, l’effimero equilibrio tra il giusto e l’ingiusto, l’incerto confine tra l’inconsistenza delle apparenze e la concretezza delle cose. Nel fluire ininterrotto dell’esistente, ogni trasformazione, ogni metamorfosi, è un dramma più doloroso della morte vera: per la sua ambiguità, perché non è né vita né morte.
La vita è mutamento, nessun essere animato è mai identico a se stesso, ma, come il sole di Orazio, è alius et idem , uguale e diverso nel medesimo tempo: ciò che gli dà il senso dell’identità e dell’unità è la coscienza, o l’anima. Dunque le Metamorfosi di Ovidio, come quelle di altri poeti e scrittori (quali Apuleio, Nicandro di Colofone, Kafka) hanno le loro radici nella natura stessa. È da lì che nasce il mito e poiché mito significa parola, possiamo dire che in principio era il Mito.
Una ricerca approfondita, appassionata ma anche caustica sul fenomeno del mobbing partendo dall'esilio di Ovidio a Tomi per giungere ai nostri giorni con particolare riferimento ai centri commerciali. Una tesi di Laurea Magistrale diventato un libro conservato nel cassetto per otto lunghi anni fino all'ambito traguardo, straordinariamente dipinto dalla fotografia di Giuseppe Marano in copertina.