Affrontiamo questa volta, nella parte monografica, qualcosa d’essenziale. Potrebbe dirsi il problema dei problemi: metafisica e modernità. Proprio per la peculiarità e decisività del tema abbiamo deciso per un taglio dei contributi esclusivamente filosofico, evitando “interdisciplinarità” che avrebbero solo appesantito e deviato il discorso. Mai come in questo caso e di questi tempi il ritorno ai fondamenti pare opportuno. Dalla valutazione che si dà di certi temi e problemi dipende infatti non solo l’intelligibilità o meno della “tendenza fondamentale del nostro tempo”, ma anche il modo in cui ci si dispone entro di esso, come lo si interpreta e ci si interpreta, come si vive, si lavora, si pensa, non ultimo si fa politica. Del resto che il tema della modernità sia al centro del dibattito pubblico e anche filosofico non è dubbio. Ma certo letture invalse e impostesi negli ultimi decenni mostrano oggi tutti i loro limiti e rendono urgente un superamento che abbia però adeguato respiro e profondità teorica. Fare il punto dopo il ‘900 è una necessità indifferibile. Se finita è infatti l’epoca dello storicismo, è bene finisca presto anche quella del post-moderno e delle sue ideologie; se la secolarizzazione non può a sua volta tradursi in ideologia, anche i periodici “ritorni” della fede debbono evitare i rischi del fondamentalismo. Fare i conti con la modernità è dunque un compito di tutti. Filosofia, religione, economia, politica, sono chiamate ad aggiornare i propri statuti in modo che il senso del limite non sia vissuto come una diminutio, ma come il presupposto di una nuova stagione delle relazioni inter-umane e del vivere civile. Il compito di una rivista come la nostra è allora offrire contributi nei quali l’approfondimento teorico non vada disgiunto da uno sguardo chiaro sul presente, sulle tendenze di fondo, sui problemi e le speranze. Appunto quanto tentato nella Parte Monografica del presente fascicolo. E comunque con l’impegno ad approfondire il tema anche nei prossimi numeri. Fra i “rari” presentiamo un breve ma intenso dialogo su un giornale dei primi anni ‘20 fra Guglielmo Ferrero e Adriano Tilgher proprio sul tema che più ci interessa: la crisi della modernità, il “tramonto dell’Occidente”, i rischi per l’umanità e per la democrazia dopo la “Grande Guerra”. Anche l’”inedito”, che propone per la prima volta in italiano il saggio di un filosofo politico inglese su Thomas Hobbes, è occasione di riflessioni interessanti sul senso della politica, a confronto, alla metà degli anni ‘30, non solo con uno dei padri della modernità politica, ma anche con il grande pensiero politico del periodo: Carl Schmitt, Leo Strauss, Ferdinand Toennies.