Gennaio 1921, con la fondazione a Livorno del Partito comunista d’Italia, si consumò definitivamente il divorzio politico tra due romagnoli doc. Se Nicola Bombacci diventò, cent’anni fa, il “Lenin d’Italia”, Benito Mussolini rispose poco dopo (ottobre 1922) con la marcia su Roma che lo proclamò il “duce d’Italia”: furono grandissimi avversari per molti anni ma restarono ugualmente – come solo in Romagna succede – compagni di una vita fino alle loro contemporanee sentenze di morte.
Se Bombacci diventò, infatti, il nemico “numero uno” dei camerati di Benito che cantavano «con la barba di Bombacci faremo spazzolini per lucidare le scarpe di Mussolini», il figlio del gendarme pontificio e il figlio del fabbro non si persero mai di vista, anche quando cominciarono a fronteggiarsi su sponde opposte a cominciare dalla scelta interventista del tribuno di Predappio del 1914.
E dopo che, negli anni Venti, Nicolino cadde in disgrazia tra i comunisti italiani (ma non in Russia), Benito non mancò mai di sostenere dietro le quinte il suo vecchio compagno ridotto quasi sul lastrico. D’altra parte, se Lenin continuò ad apprezzare il duce anche dopo la marcia su Roma, dicendo che «in Italia c’era un solo socialista capace di fare la rivoluzione: Benito Mussolini», il merito è stato tutto dell’uomo di Civitella che fece stringere subito i rapporti commerciali tra Roma e Mosca.
E, dopo il 25 luglio, quando Mussolini finì a Salò, Bombacci lo seguì: di nuovo insieme fino alla morte.
Se Bombacci diventò, infatti, il nemico “numero uno” dei camerati di Benito che cantavano «con la barba di Bombacci faremo spazzolini per lucidare le scarpe di Mussolini», il figlio del gendarme pontificio e il figlio del fabbro non si persero mai di vista, anche quando cominciarono a fronteggiarsi su sponde opposte a cominciare dalla scelta interventista del tribuno di Predappio del 1914.
E dopo che, negli anni Venti, Nicolino cadde in disgrazia tra i comunisti italiani (ma non in Russia), Benito non mancò mai di sostenere dietro le quinte il suo vecchio compagno ridotto quasi sul lastrico. D’altra parte, se Lenin continuò ad apprezzare il duce anche dopo la marcia su Roma, dicendo che «in Italia c’era un solo socialista capace di fare la rivoluzione: Benito Mussolini», il merito è stato tutto dell’uomo di Civitella che fece stringere subito i rapporti commerciali tra Roma e Mosca.
E, dopo il 25 luglio, quando Mussolini finì a Salò, Bombacci lo seguì: di nuovo insieme fino alla morte.