Il libro analizza in chiave geocritica la città di Napoli attraverso le opere di cinque autrici, Serao, Yourcenar, Ortese, Ferrante, Parrella, in un arco temporale che va dalla fine del XIX ai primi anni del XXI secolo. Legittimo chiedersi cosa abbiano in comune, oltre al dato geografico, narrazioni così diverse e lontane nel tempo. Ad unirle una visione della realtà intesa come mutevole, essenzialmente inconoscibile. Tale caratteristica le pone nella condizione di essere interpretate, per vari aspetti, attraverso il paradigma della complessità tipica della postmodernità, che trova nella figura del labirinto rizomatico, teorizzato negli anni Ottanta del Novecento da Gilles Deleuze e Felix Guattari, una delle metafore ermeneutiche più efficaci. Lo studio intende delineare i caratteri generali della geocritica, nella personale interpretazione del metodo adottato dall'autrice, e i motivi di un approccio teso a mettere in luce la complessità degli elementi che producono rappresentazioni specifiche di una data realtà fino a costituire un immaginario, non solo letterario, ma culturale, sociale, capace di creare stereotipi etero o auto generati. Gli aspetti spaziali analizzati nei testi attraverso un puntuale close-reading sono legati ai referenti reali dei luoghi descritti, ma lasciano anche evidenziare, più sottilmente, implicazioni ideologiche. Obiettivo della ricerca è verificare l'applicabilità del metodo scelto analizzando le evidenti dinamiche di 'orizzontalità' (centro-periferia), 'verticalità', geografica, sociale e narrativa, e 'ricorsività' prensenti nelle opere del corpus ed evidenziare quanto influisca la costruzione figurativa dei luoghi, degli spazi e dei loro punti di contatto o di chiusura sui relativi risultati narratologici.
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