A conclusione della sua Gedenkschrift su Rudolf Pfeiffer J. Latacz rammenta l’indole mite e pacatadel filologo di Augusta: egli non fu né una personalità turbolenta e combattiva come Wilamowitz néuno spirito ipersensibile come K. Reinhardt, ma piuttosto uno di quegli ἄndrej ¢gaqoί che incarnanonell’accezione greca del termine la giusta misura e costituiscono i veri e propri custodi e garanti dellaphilologia perennis. In questo senso si comprende il suo ricorso ad Erasmo, nume tutelare, guida spiritualee antidoto perenne alla barbarie di ieri, di oggi e di domani. È lui il simbolo di una filologia concepitacome un sinolo di sentimento religioso, umanesimo e scienza critica che permane attraverso un«untergründig fließende Strom der kulturellen Einheit europäischer Geschichte», di cui Pfeiffer è storicamenteconsapevole, che va dall’età di Callimaco, il primo Kulturbewahrer, al circolo degli Scipioni,poi fino alla Spätantike ed al Medioevo cristiano, quindi al Rinascimento e di lì al mondo moderno econtemporaneo.