Sullo sfondo della prima guerra mondiale, sul tragico fronte alpino, nel monte Lagazuoi si scavano gallerie per raggiungere il nemico, facendo esplodere mine che ne distruggano le postazioni. Tutti sono posseduti da tale compito, che a dispetto della sua insensatezza è divenuto lo scopo unico della loro vita. I ricordi di casa e le speranze di tornarvi sono scomparsi dalle loro menti, che sono ostaggio della montagna, scavate in profondità dallo stesso morbo che sta bucando la roccia. Non è un lavoro funzionale alla guerra, perché si sa che non risolverà nulla di quella guerra stanziale, ma è un lavoro funzionale a loro stessi, alle loro manie e alle loro idiosincrasie, alle paure e domande inconfessate che solo dentro la galleria diventano lecite ai loro stessi occhi. Nello scavare dentro le viscere della terra, l’uomo solo scava l’insensatezza della vita, indaga su temi formidabili su cui l’isolamento lo spinge a riflettere fino a condurlo sull’orlo della follia, a confondere la realtà con l’illusione dello scavo. Lo stesso autore è assalito da visioni di sprazzi di luce e di universi deformati, come suggeriscono le recenti teorie fisiche di cui egli è studioso.