A metà anni ‘90 l’impresa critica di Land inizia a condensarsi in oscuri acronimi, cluster di date, mitologemi esoterici e scivolare in un vero e proprio delirio. Un delirio meticoloso, deliberato. L’avvento del ciberspazio segna per Land un punto di non ritorno: la semiotica capitalista articola la propria natura finzionale rendendo inefficace qualsiasi distinzione ontologica. Non si tratta più di reale e immaginario, ma esclusivamente di virtualità. E così la scrittura si confonde con i processi della modernità capitalista, per fagocitarne la potenza virale. La mitogenesi diventa una macchina da guerra nella lotta contro le strutture repressive della “allucinazione consensuale che chiamiamo realtà”. Perché di questo si tratta. Di stregoneria. Di viaggi nel tempo. Di guerra. E tutto può diventare un’arma. La musica jungle, la schizoanalisi, il teorema dell’incompletezza di Gödel; il cabalismo esoterico della tastiera QWERTY. Tutto in questa maniacale trama di occulture trova una collocazione tanto precisa quanto sconcertante. Perduti fra queste contorte macchinazioni testuali a poco a poco qualcosa inizia a fare presa. Non solo l’innocua fascinazione per un’inventiva stilistica che ha indirizzato il percorso di molta filosofia, ma l’inquietante idea che questa follia possa avere perfettamente senso.