Nell'ultima di Eurispes (2020) è risultato che il 15,6 per cento degli Italiani non crede all'esistenza della Shoah, contro il 2,7 per cento della rilevazione di solo quindici anni prima. Inoltre, chi è connesso alla realtà sa pure che la maggioranza è convinta che sia stato solo un "affare" nazista, ossia tedesco, di altri. Una vicenda storica il cui il nostro paese è stato solo vittima e non anche carnefice. Anni di storia falsata, di libri sui meriti del Duce, l'esaltazione che "ha fatto anche cose buone", l'assoluta ignoranza sul valore delle Leggi sulla Razza del 1938 e sui conseguenti campi di concentramento italiani prima e dopo l'8 settembre 1943, sui convogli partiti dalle nostre città verso i lager di sterminio, sulla colpevole indifferenza della intellighenzia italiana del momento, asservita e complice del regime, ci hanno portato inevitabilmente a questo preoccupante risultato. Cavalcato peraltro dalla politica contemporanea, o buona parte di essa. Ho sentito, quindi, il bisogno di dare anch'io il mio umile contributo contro questa inaccettabile realtà. Qui non troverete risposte: non è mio obiettivo né ambizione farlo. Ho altri scopi. A me interessa che il lettore all'ultima pagina, quando chiuderà il libro, esca con molte più domande di quante ne avesse all'inizio. Perché se si cercano le risposte, se ci si chiede il perché delle cose, a chi è convenuto, chi ci ha guadagnato, qualcosa ci resterà e non sarà poca cosa. I bambini col loro, talvolta assillante, chiedere il "perché" di tutto, diventano grandi e maturano. Da troppi anni da noi, in Italia, abbiamo perso l'abitudine di chiederci il perché delle cose. E anche questo meriterebbe una nostra personale analisi ed urgente personale risposta.
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