Parole semplici, ordinarie, ordinate un po’ meno, sature di machismo e di narcisi inviti a diffidare dell’altro. Versi buttati là a costruire storie, quelle di tutti i giorni, di una generazione persa, che non si è mai ritrovata e mai lo farà. In queste poesie c’è odio, rancore, rabbia, paura e sofferenza: verso il genere umano, nel suo complesso, che non merita più fiducia; verso l’altro generalizzato, modellato dall’immagine, dai mass media, dal dominio pubblico, maschere vuote, cariche di divismo e di moralità; verso sé stessi e alla difficoltà di accettarsi, di smussare le imperfezioni, di piangere i sogni infranti.C’è un bisogno di cambiare, di non sentirsi come gli altri; un forte desiderio di rivalsa, ma allo stesso tempo una potente immobilità, un guardare distaccati il mondo che si muove, una esaltazione della solitudine visto come atto d’amore verso sé stessi, come un luogo intimo, personale, in cui l’altro non ha posto, utile a contenere il dolore che non può essere condiviso. E poi invidia, menzogna, voyerismo, esibizionismo, il tempo, l’angoscia, l’ironia, l’abbandono, la libertà, la passione, il sesso, la dipendenza, gli addii, il vuoto.