Gabriele D’Annunzio si definisce un “cieco veggente”, capace di vedere attraverso l’occhio interiore e di aggregare passato, presente e futuro. Queso avviene nel “Notturno” (1916), una riflessione profonda sulla condizione umana e sulla fragilità dell’esistenza. Costretto a letto e privato della vista in seguito a un incidente avuto durante la sua attività d'aviatore, lo scrittore compie un viaggio nei ricordi e nelle emozioni. La sua stanza diventa una tomba oscura e la malattia diventa un prolungamento infinito della vita stessa. Attraverso la memoria della vita vissuta, D’Annunzio esplora temi come la solitudine, il dolore fisico e mentale e la visione interiore.