Questa non è una semplice silloge di racconti. Piuttosto, citando le parole dell'autore, è una "piccola raccolta d'occhi e di nasi, toccati in punta di penna e poi lasciati lì, senza finire". Una serie di bozzetti di personaggi, figure e paesaggi che ci trasmettono la sentita visione - mai scevra di ironia e di affetto - di Firenze e della sua colorita popolazione. Collodi, da bravo toscano figlio del suo tempo, integra in questo serraglio "strapaesano" le istanze di riforma che più gli premono, riservando sonore stoccate polemiche alle corporazioni di filosofi, scrittori e giuristi che soffocano il libero fluire della vitalità umana. Per questo, forse, l'occhio di Collodi si fa più benevolo nei confronti del "ragazzo di strada", o dei bambini che, giocando in mezzo a Piazza San Marco, fantasticano di poter essere un giorno re. Memorabile, poi, la brevissima "Storia di Firenze dalla creazione del mondo fino a oggi", in cui l'autore non si fa scappare l'occasione per criticare la propria città e il neonato governo italiano, che per pochissimo tempo l'ha eletta sua capitale.-
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