Il nodo della nostra esistenza è da individuare nella ricerca interiore poiché “il vero culto è il culto del cuore” che ci può condurre, debitamente guidati da un maestro, alla conquista della vera realtà, oltre l’accidente. Dio si può incontrare solo con gli occhi dell’anima perché la fragilità tutta umana dei nostri apparati non ci fa vedere che ombre. Sulla scia di San Tommaso allora si deve affermare che “nell’animo di un uomo di luce c’è luce e illumina tutto il mondo”. Immersi in messaggi ambigui e materiali è facile smarrire il proprio fine, allo stesso modo che un naufrago talvolta non riesce a cogliere la sponda neppure se non è troppo lontana. Occorre riprendere il cammino prima che il naufragio si compia irreversibile. Attraverso la spoliazione dal superfluo, alla fine, oltre le mode e le tentazioni del consumismo, ciascuno trova il senso del suo essere al mondo, attingendo alla nostra Radice che non va adorata in attesa di ricompense terrene e neppure del Paradiso, ma come atto d’amore in sé. Occorre dunque atteggiarsi come l’attore che sul palcoscenico ha sempre presente la situazione e valuta distaccato e critico quello che sta facendo. Allo stesso modo un uomo deve vivere completamente concentrato nel proprio sé spirituale e questo atteggiamento gli garantirà la Beatitudine. Ricordando le parole dei Maestri di ogni tempo e credo, è possibile conciliare le diverse religioni del mondo e accomunarle nella medesima sete del divino, nella convinzione che le divergenze sono apparenti e derivano da ragioni culturali, sociali e persino climatiche.