In un’afosa mattinata d’estate un giovane cammina per le vie della sua città fino al parco, qui si siede su una panchina umida e sporca incurante di tutto. I suoi pensieri sono rivolti alla compagna che l’ha abbandonato senza una spiegazione. Per lei era stato disposto a tagliare i ponti con la propria famiglia che osteggiava il loro rapporto. Triste, infelice e apatico osserva coloro che si muovono intorno a lui: bambini che giocano, giovani coppie a passeggio. Finché non gli si avvicina un vecchio che si siede proprio sulla stessa panchina. Chi è quell’uomo? E perché subito si mette a fissarlo intensamente con occhi malinconici e poi lo abbraccia stretto chiamandolo figlio?
L’attesa ha moltissime sfumature di luce e di speranza. Quella di un padre sono infinite, non possono mai identificarsi in un solo colore, perché è la vita stessa che non lo permette. Il padre investe in un figlio, il padre vede nel figlio la sua immortalità, e si sbaglia. Perché quella immortalità non gli appartiene, per cui non resta che attendere, come avviene nella vita di ciascuno di noi.
Un racconto in bilico tra sogno e veglia, a tratti grottesco e forse proprio per questo disarmante.
L’attesa ha moltissime sfumature di luce e di speranza. Quella di un padre sono infinite, non possono mai identificarsi in un solo colore, perché è la vita stessa che non lo permette. Il padre investe in un figlio, il padre vede nel figlio la sua immortalità, e si sbaglia. Perché quella immortalità non gli appartiene, per cui non resta che attendere, come avviene nella vita di ciascuno di noi.
Un racconto in bilico tra sogno e veglia, a tratti grottesco e forse proprio per questo disarmante.