Carlo Forni ci descrive un quadro complesso; una città costellata di posti di blocco che controllano gli spostamenti di donne e uomini, merci e idee. Si sofferma sulle scorribande, spesso sfocianti nel sangue, condotte all’interno dell’enclave cristiana da gruppi di giovani palestinesi islamici che non accettavano che i loro fratelli, palestinesi cristiani, rifiutassero di partecipare alle aggressioni contro gli israeliani. È un romanzo epico e sentimentale, nel quale i sentimenti impregnano la scena pubblica e viceversa. In un intreccio di fattori storici, fedi politiche e religiose, scelte complesse fra emancipazione e tradizione, fra desiderio di pace e necessità di lotta, emerge l’originale personalità di una donna, Saida, che ha scelto di essere se stessa. Forni racconta con sensibilità e pacatezza la storia di due cugini che avevano vissuto quasi in simbiosi, condividendo tutto della loro vita; Kaifa Ben Jonas, dall’aramaico Kefa, cioè Pietro, e Said Henné. L’uno dal carattere calmo e riflessivo, l’altro irrequieto e ribelle. Una decisione cambia tutto. Quali conseguenze avrà? A Said verrà a mancare quella spalla, che per tanti anni lo aveva sostenuto. Si ritroveranno un giorno?