Il ritmo che cadenza le pagine di Pavese non è solo quello legato allo scorrere delle lancette sul quadrante dell’orologio. «“Essere fuori dal tempo” è la scommessa di Pavese, fuori dal tempo “empirico” per consentire sia il “costruirsi” dell’opera grazie a “istantanee illuminazioni”» sia la creazione di un nuovo ordine temporale che «destruttura e articola le pagine del Mestiere di vivere». (Laura Nay).
In questo volume accanto a studiosi da decenni “fedeli” allo scrittore langarolo (Masoero, Nay, De Liso, Paolin,Pierangeli) si affiancano validissimi giovani ricercatori (Daniele, Lanfranchi, Antonangeli).
Ne emerge da un lato il ritratto inequivocabile di classico del Novecento affermatasi in questi decenni, dall’altro la riflessione sull’intreccio tra il tempo della Storia e quello dell’esperienza personale, nel dialogo costante con il Mito contrapposto all’etica del lavoro, qui documentato con materiali inediti e la lettera all’amico, sceneggiatore e autore teatrale Tullio Pinelli.
Appena uscito dalla guerra, Pavese scrive articoli memorabili, tra tutti Ritorno all’uomo, sulla resilienza che la cultura ha offerto negli anni bui di odio e di atrocità del ventennio fascista e del conflitto mondiale.
L’annata 1945 termina con questa notazione del 9 dicembre:
«Ma tutti i pazzi, i maledetti, i criminosi sono stati bambini, hanno giocato come te, hanno creduto che qualcosa di bello li aspettasse. Quando avevamo tre, sette anni, tutti, quando nulla era avvenuto o dormiva solamente nei nervi e nel cuore».
L’ attesa di qualcosa di bello caratterizza alcuni momenti dell’infanzia, a rivederli con gli occhi dell’adulto. Accomuna tutti gli uomini e Pavese sente il bisogno di ribadirlo, in quel clima tragico di «ritorno all’uomo», come poi nel dialogo L’isola, dove Ulisse spiega a Calipso la ragione ultima della sua ricerca, nel riproporsi instancabilmente di alcune domande radicali e religiose sull’esistenza umana, sull’essere mitico ed eterno, sul tempo contingente ed effimero: «quello che cerco l’ho nel cuore come te».
Introduzione di Fabio Pierangeli
Pavese, il Mito e la Storia: aspetti di un incontro difficile di Angela Guidotti
Una lettera ritrovata: Cesare Pavese scrive a Tullio Pinelli di Mariarosa Masoero
«Il mondo del tempo» il Mestiere di vivere di Cesare Pavese di Laura Nay
Mitopoietica della poesia pavesiana di Daniela De Liso
Pavese: il carcere come «limite della carità» di Fabio Pierangeli
Paesi tuoi, Pancrazi, Montale: ricezione di un esemplare letterario, tra narratologia e liricità di Antonio R. Daniele
La casa in collina: la scrittura dell’Io tra vergogna e guerra di Demetrio Paolin
Santina e le due trame de La luna e i falò di Riccardo Antonangeli
Cesare Pavese, Luciano Foà, Erich Linder: note sulla corrispondenza per la “collana viola” di Anna Lanfranchi
In questo volume accanto a studiosi da decenni “fedeli” allo scrittore langarolo (Masoero, Nay, De Liso, Paolin,Pierangeli) si affiancano validissimi giovani ricercatori (Daniele, Lanfranchi, Antonangeli).
Ne emerge da un lato il ritratto inequivocabile di classico del Novecento affermatasi in questi decenni, dall’altro la riflessione sull’intreccio tra il tempo della Storia e quello dell’esperienza personale, nel dialogo costante con il Mito contrapposto all’etica del lavoro, qui documentato con materiali inediti e la lettera all’amico, sceneggiatore e autore teatrale Tullio Pinelli.
Appena uscito dalla guerra, Pavese scrive articoli memorabili, tra tutti Ritorno all’uomo, sulla resilienza che la cultura ha offerto negli anni bui di odio e di atrocità del ventennio fascista e del conflitto mondiale.
L’annata 1945 termina con questa notazione del 9 dicembre:
«Ma tutti i pazzi, i maledetti, i criminosi sono stati bambini, hanno giocato come te, hanno creduto che qualcosa di bello li aspettasse. Quando avevamo tre, sette anni, tutti, quando nulla era avvenuto o dormiva solamente nei nervi e nel cuore».
L’ attesa di qualcosa di bello caratterizza alcuni momenti dell’infanzia, a rivederli con gli occhi dell’adulto. Accomuna tutti gli uomini e Pavese sente il bisogno di ribadirlo, in quel clima tragico di «ritorno all’uomo», come poi nel dialogo L’isola, dove Ulisse spiega a Calipso la ragione ultima della sua ricerca, nel riproporsi instancabilmente di alcune domande radicali e religiose sull’esistenza umana, sull’essere mitico ed eterno, sul tempo contingente ed effimero: «quello che cerco l’ho nel cuore come te».
Introduzione di Fabio Pierangeli
Pavese, il Mito e la Storia: aspetti di un incontro difficile di Angela Guidotti
Una lettera ritrovata: Cesare Pavese scrive a Tullio Pinelli di Mariarosa Masoero
«Il mondo del tempo» il Mestiere di vivere di Cesare Pavese di Laura Nay
Mitopoietica della poesia pavesiana di Daniela De Liso
Pavese: il carcere come «limite della carità» di Fabio Pierangeli
Paesi tuoi, Pancrazi, Montale: ricezione di un esemplare letterario, tra narratologia e liricità di Antonio R. Daniele
La casa in collina: la scrittura dell’Io tra vergogna e guerra di Demetrio Paolin
Santina e le due trame de La luna e i falò di Riccardo Antonangeli
Cesare Pavese, Luciano Foà, Erich Linder: note sulla corrispondenza per la “collana viola” di Anna Lanfranchi