Quello dell’“empowerment” può essere considerato il concetto chiave del presente scritto, nonché il filo conduttore che si snoda lungo tutte le pagine che lo compongono collegandole tra di loro. “Che cosa si intende per empowerment?”, questo è in particolar modo l’interrogativo al quale si cercherà di fornire una risposta nell’elaborato, ma, obiettivo ancor più ambizioso, si vorranno studiare e porre in risalto le connessioni rinvenibili tra l’approccio dell’empowerment e la pedagogia. Nell’intento di fornire una risposta esauriente a questi interrogativi l’elaborato è stato strutturato in cinque sezioni comprensive sia di parti “teoriche” che di parti di “ricerca”. Le prime quattro sezioni costituiscono la componente teorica dello scritto e comprendono i capitoli dedicati alla spiegazione di che cosa si possa intendere per empowerment nei suoi diversi livelli di declinazione (quello individuale, quello organizzativo e quello di comunità) e in rapporto ai molteplici contesti cui questo concetto può essere rinvenuto. Per quanto concerne la quinta parte dello studio essa si configura come ricerca volta a trovare la conferma o, eventualmente, la disconferma di quanto evidenziato rispetto all’empowerment all’interno della parte teorica. La ricerca è avvenuta attraverso la conduzione di una riflessione sulle parole e sulle azioni tenute da alcune figure politiche di rilievo: Benito Mussolini, Margaret Thatcer, Beppe Grillo, Mohandas Karamchand Gandhi, Martin Luther King, Nelson Mandela, Barack Obama, Don Lorenzo Milani, Matteo Renzi e Walter Veltroni. L’obiettivo che si è cercato di ottenere per mezzo dell’indagine presentata nel seguente studio è quello di offrire una maggior comprensione di quali siano i confini del concetto stesso di empowerment: quando il potere può essere considerato tendente all’“empowerment”? E quando il potere viene a connotarsi come sopraffazione?