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Il Pervigilium Veneris (“La veglia di Venere”) è un carme latino di cui non conosciamo né data né autore. L’operetta, nel corso del tempo, è stata attribuita agli autori più diversi, da Catullo (I sec. a. C.) a Lussorio (VI secolo d. C.): la conclusione più ragionevole è ormai quella di considerarlo un carme adespoto. Anche la data è incerta: gli ultimi studi lo pongono fra il II e il IV sec. d. C.: in quest’ultimo caso il carmen si potrebbe considerare una delle ultime preziose gemme (o l’ultima) della letteratura latina pagana. L’operetta consta di 93 versi, di cui 11 sono costituiti dal…mehr

Produktbeschreibung
Il Pervigilium Veneris (“La veglia di Venere”) è un carme latino di cui non conosciamo né data né autore. L’operetta, nel corso del tempo, è stata attribuita agli autori più diversi, da Catullo (I sec. a. C.) a Lussorio (VI secolo d. C.): la conclusione più ragionevole è ormai quella di considerarlo un carme adespoto. Anche la data è incerta: gli ultimi studi lo pongono fra il II e il IV sec. d. C.: in quest’ultimo caso il carmen si potrebbe considerare una delle ultime preziose gemme (o l’ultima) della letteratura latina pagana. L’operetta consta di 93 versi, di cui 11 sono costituiti dal ritornello: “Domani ami chi non ha mai amato, e chi ha amato domani ami”. – L’ignoto autore doveva certamente possedere una grande doctrina, una cultura che spaziava dall’origine della letteratura latina e greca fino ai suoi tempi; era in grado di armonizzare il sermo familiaris con il linguaggio aulico, creando un impasto raffinato e originale. Lo sfondo del carme è Ibla, in Sicilia, e il Pervigilium è un’esaltazione della figura di Venere, dell’amore e della primavera nell’imminenza della celebrazione notturna della dea. Ma negli ultimi, inattesi, versi, alla gioiosa attesa delle rose-fanciulle, al clima di festa imminente, si oppone l’io poetico, che si sente come una persona esclusa da tutto ciò ed è costretto ad un enigmatico, incomprensibile silenzio.