La poetessa polacca Yolanda Podejma-Eloyanne pubblica una silloge poetica in due lingue, polacco e italiano, in cui si respira l'ampiezza della sua esperienza di vita, all'insegna della multiculturalità e del viaggio, inteso in senso più filosofico e spirituale che turistico. L'autrice parla di Parigi, sua città di adozione ormai da quarant'anni, della Martinica e perfino dello Yucatan, tutti luoghi che, per un motivo o per un altro, le stanno a cuore e hanno stimolato il suo desiderio di conoscenza. È presente un omaggio a Fort-de-France e all'incontro con il poeta antillano Aimé Césaire, di cui immortala la profonda saggezza e sensibilità nei versi: «Secondo lui la debolezza umana/è un'incapacità di incarnarsi/né in una pietra/né in un albero». C'è anche una rievocazione della sua terra natia, come per esempio nella poesia Laski, il cui titolo fa riferimento a un villaggio della Polonia. Qui si percepisce una nota di nostalgia per i rumori familiari che accompagnavano la quotidianità, ora sostituiti dal silenzio, che l'autrice associa all'epoca moderna, in cui gli oggetti non "parlano" più, le lancette dell'orologio non "abbracciano" e le macchine da cucire non rammendano i pensieri, è tutto più asettico e impersonale. La poesia per Podejma-Eloyanne scaturisce da un bisogno interiore, simile a una preghiera, per usare le sue parole, ed è anche una forma di cura, di autoterapia. Nei suoi versi si percepisce il suo entusiasmo nell'approcciarsi a diversi luoghi e culture, e di conseguenza alle lingue: sono diverse, infatti, quelle che l'autrice ha desiderato imparare per passione. La sua poesia è ricca di pensieri profondi, a tratti intrisa di tristezza, ma sempre pulsante di vita vissuta.
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