Pietro mio è espressione di familiarità, tra affetto e orgoglio. Solo Chiara Fancelli poteva parlare così del Perugino, il pittore suo consorte. È lei, ormai fantasma, a narrare, con consapevolezza da femminista postmoderna, la storia di lui e di sé modella e moglie del "meglio maestro d'Italia". Il romanzo prende avvio dal fatidico anno della crisi. Siamo nel 1504, con uno scambio di missive si contratta, con la confraternita dei bianchi, l'ingaggio per un affresco. Qualcosa però turba la serenità e la gloria del maestro fino a spingerlo a firmare un contratto svantaggioso proprio nella sua terra natale. Il passato glorioso della gioventù ritorna nei ricordi accanto alle microstorie che incrociano i grandi eventi e i personaggi del Rinascimento: i Medici, Savonarola, i Borgia, Giulio II e Michelangelo. È l'era della diffusione della stampa e del genio di Leonardo. I nuovi, giovani artisti irrompono sulla scena delle moderne corti e al nostro, superato anche dall'allievo Raffaello, non resta che cercare di restare a galla. E Chiara che, come ogni fantasma, resta per un'ossessione e dei conti in sospeso, cerca di fare luce su ciò che accadde al marito, e sulla sua morte funestata dal sospetto di eresia.
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