Il giorno dopo, quando aprì gli occhi, Domenir si trovò addosso, sopra le coperte, alcuni fogli di papiro e una penna da amanuense. Li raccolse e fu sorpreso nel constatare che fossero tutte pagine bianche. “Che razza di messaggio è questo?”, si chiese sollevandosi con le braccia ed appoggiando la schiena alla testiera. Prese dal comodino la campanella con la quale, ogni mattina, richiamava l’attenzione di un badante incaricato di vestirlo, lavargli il viso, aiutarlo a salire sulla sua sedia e accompagnarlo a colazione. Giunto al cospetto del padrino, Domenir non aspettò un attimo a chiedere spiegazioni sull’inusuale corredo da scrivano che lo attendeva sulle coperte al suo risveglio. “Cosa significano?” chiese a Helewen, appoggiando sulla tavola penna e pergamene. Imperturbabile, il re continuava a fissare il ragazzo, e gli tolse prontamente ogni dubbio sul motivo di quel gesto: “Scriverai la mia storia, Nhalfòrdon-Domenir. Così che i ricordi di un vecchio re non vadano perduti con la sua morte”, sentenziò il Pirin.