“Ogni volta che un musicista dice che va a lavorare, da qualche parte un operaio muore”, ma si dice anche che “L'artista per la fame perse la vista”. Se ne deduce che: “Musicisti accecati dalla fame, danno la morte agli operai”. Sarà vero? Ho visto uomini annegare sereni in un “padrone e sotto” al bar del paese, contenti. Veder litigare per un giocatore di calcio mi ha sempre generato invidia da incomprensione. Un atto abitudinario appreso per imitazione o stillante ricerca di se stessi? Chissà cos'è la serenità. ...intanto il mio presente rivolge un pensiero di cordoglio alle mogli di tutti quegli operai che ho ucciso, accecato dalla fame. Emozioni, sensazioni e conseguenti pensieri, di un anno di viaggi, emersi lavorando nell'underground della musica popolare italiana. I mezzi di trasporto, gli orari, i compensi, i luoghi, le persone sono la variabile materia prima che dà vita ai pensieri di chi ha preferito la libera e incerta professione artistica, allo stato di potenziale benessere e stabilità economica legati al lavoro dipendente. Metamusicisti, metartisti che si muovono e sopravvivono nel secondo livello commerciale della musica in Italia, quello di nicchia, quello dove ogni giorno ci si reinventa un po', quello dove un giorno ci si sveglia leone ed un altro gazzella, cercando di avere sempre le idee chiare per non finire a sbranarsi da soli.