"Se delle persone si prendono il diritto di attraversare frontiere senza permesso, allora la mobilità sfida anche lo spazio della politica perché rompe l'ordine stabilito con cui le politiche sono legate allo spazio dell'organizzazione degli stati nazionali e al concetto di sovranità". Heidrun Friese Il corpo senza vita di un bambino portato dalle onde su una spiaggia turca, una fotografia sconvolgente che fa il giro del mondo. Ma come viene realmente vista? In una densa analisi che intreccia filosofia, sociologia e politica, lo sguardo di Heidrun Friese non si rivolge tanto alla condizione materiale dei migranti, largamente conosciuta e altrettanto largamente rimossa, quanto all'immagine che su di essi viene proiettata da parte di chi (istituzioni e partiti politici, organizzazioni di salvataggio, generici spettatori) è chiamato a misurarvisi. Per scoprire che alla fine le retoriche costruite sulla figura del profugo - non solo quella nutrita di pulsioni razziste dure a morire dello straniero-minaccia ma anche quelle di segno opposto dello straniero-vittima e dello straniero-eroe - lo spogliano della sua identità, lo lasciano alla mercé di interessi e strategie altrui e, soprattutto, non fondano alcuna politica.
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