Cechov si può considerare un esistenzialista ante litteram, radicale nella misura in cui non coltiva alcuna suggestione trascendente. Anche se il suo esistenzialismo ha un'indubbia connotazione nichilistica, si tratta tuttavia di un nichilismo che non è azzardato definire positivo, se si fa riferimento al bisogno di felicità intrinseco alla mente umana. È vero che nei suoi racconti tale bisogno si traduce spesso in aspirazioni molto elevate che esitano in delusioni più o meno frustranti, ma nulla, nell'ottica dell'autore, impedisce di immaginare un progresso sociale e culturale che trasformi la vita in un'esperienza "luminosa, meravigliosa, splendente". Si tratta di un'utopia che oggi definiremmo concreta, vale a dire una possibilità storica che nulla vieta di pensare che sia destinata a realizzarsi. Vivere e agire per contribuire alla sua realizzazione non azzera l'infelicità esistenziale, ma la rende più tollerabile. Qual è, per Cechov, il rimedio all'infelicità? La risposta si ricava dalla sua stessa vita: far fronte ad essa coraggiosamente, stoicamente, lavorando e, nella misura in cui è possibile, aiutando gli altri, i meno fortunati. La consapevolezza che l'esistenza individuale e collettiva non ha senso alcuno in termini oggettivi, non comporta, dunque, in Cechov, la rinuncia a coltivare le proprie qualità umane, il ripiegamento egoistico e l'indifferenza sociale. In un'epoca di crescente nichilismo il messaggio cechoviano è quanto mai attuale. L'antologia di racconti è organizzata sulla base di cinque nuclei tematici: tipologie femminili, tipologie maschili, bambini e adolescenti, classi sociali, animali.
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