Immaginate di incontrare il Piccolo Principe all’incrocio sotto casa. E di sentirvi grati al destino, perché ancora una volta il ragazzo dai capelli d’oro è tornato. Indietro. Oppure pensate di tagliare la via a Michelangelo, il martellatore, e di uscirne indenni. Di spassarvela con l’Uomo che Ride o, almeno, di consolarvi con il Signor Allegro Nonostante. Di ritrovare le orme del Fantasma Scalzo. O perdere le tracce di Gimondi, che pedalando va di fretta. Figuratevi l’espressione di chi non ha mai visto in faccia il Malandrino e il suo fratellino. Ma consolatevi, poiché sarà pur sempre meglio che sfuggire all’attenzione del Grande Indifferente. E ricordate che non è mai questione di dimensioni, c’è poco su cui far conto quando si tratta di misurare il successo elettorale del Grande Insetto. La rivoluzione può aspettare. O portare ritardo. Infine, immaginate un Grande Vecchio. E non stupitevi, se assomiglia a Dio. Fate comunque attenzione, mentre passeggiate sotto i portici di Bologna. O lungo i marciapiedi di qualunque altra città. Perché ogni passante può essere un personaggio. E tutti assieme, a ben vedere, compongono una galleria di ritratti. Una pinacoteca del quotidiano. E così, anche voi vi sorprenderete a pensare, un istante dopo lo smarrimento: “Quella faccia l’ho già vista”. Una galleria di “bolognesi” che puoi ritrovare dappertutto, a Piacenza come a Milano, a Torino come a Parigi [...] perché se da un lato questi personaggi appartengono alla “famiglia umana” coi loro vizi e le loro virtù, da un’altra ognuno si differenzia per tic, manie, piccole (o grandi) ossessioni, e oltre ai citati autori, vi ritrovi (io almeno ve li ho ritrovati) Dickens, Gogol e Kafka. Essi si muovono in una Bologna un po’ (anzi molto) surreale (e anche metafisica, coi suoi dechirichiani portici che fanno da sfondo a più di un racconto) che mi pare a ogni momento sorvolata dalle figure di Chagall. (Dalla prefazione di Marcello D’Orta)